mercoledì 26 febbraio 2020

La lettera del preside del liceo Volta ai suoi studenti ai tempi del coronavirus

Tutti dovremmo aver avuto un preside ma anche dei professori così, certo da quando son andata a scuola io i tempi ( e il secolo ) sono cambiati, oggi ci sono più attenzioni, più tutela verso il minore ( ma nn voglio prendere il discorso che se io prendevo una nota avevo paura a dirlo a casa e invece oggi se un alunno prende la nota il preside si aspetta i genitori che si lamentano e vogliono che riprende il professore, perchè il testa di cazzo del loro figlio nn si merita una nota ) ma è questo il bello, i tempi sono cambiati e il preside scrive una lettera con sentimentalismo, legando il passato ( sempre attuale, tutto torna come gli anni 80 che nn se ne sono mai andati per fortuna ) ai giorni nostri cercando di non confortare, neanche di essere un influencer dicendo la sua, ma esprime la sua saggezza con ottimi riferimenti. La cosa che ha messo al numero due LEGGETE UN BUON LIBRO non ha prezzo !!!!! Godersi un buon libro io direi, senza la fretta dei compiti, l ora di andare a letto presto.... E' vero questo periodo non è facile, non ricordo dal 1985 a oggi una cosa del genere, ma credo che si BISOGNA APPROFITTARNE, bisogna cercare di fare una vita normale, i giovani a casa da scuola, gli adulti a casa da lavoro o chi può lavora da casa, riscoprire alcune cose che causa lo stress della vita scolastica e lavorativa sono state schiacciate. 
AGLI STUDENTI DEL VOLTA
“La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c'era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia…..”
Le parole appena citate sono quelle che aprono il capitolo 31 dei Promessi sposi, capitolo che insieme al successivo è interamente dedicato all’epidemia di peste che si abbatté su Milano nel 1630. Si tratta di un testo illuminante e di straordinaria modernità che vi consiglio di leggere con attenzione, specie in questi giorni così confusi. Dentro quelle pagine c’è già tutto, la certezza della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, la ricerca spasmodica del cosiddetto paziente zero, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli untori, le voci incontrollate, i rimedi più assurdi, la razzia dei beni di prima necessità, l’emergenza sanitaria…. In quelle pagine vi imbatterete fra l’altro in nomi che sicuramente conoscete frequentando le strade intorno al nostro Liceo che, non dimentichiamolo, sorge al centro di quello che era il lazzaretto di Milano: Ludovico Settala, Alessandro Tadino, Felice Casati per citarne alcuni. Insomma più che dal romanzo del Manzoni quelle parole sembrano sbucate fuori dalle pagine di un giornale di oggi.
Cari ragazzi, niente di nuovo sotto il sole, mi verrebbe da dire, eppure la scuola chiusa mi impone di parlare. La nostra è una di quelle istituzioni che con i suoi ritmi ed i suoi riti segna lo scorrere del tempo e l’ordinato svolgersi del vivere civile, non a caso la chiusura forzata delle scuole è qualcosa cui le autorità ricorrono in casi rari e veramente eccezionali. Non sta a me valutare l’opportunità del provvedimento, non sono un esperto né fingo di esserlo, rispetto e mi fido delle autorità e ne osservo scrupolosamente le indicazioni, quello che voglio però dirvi è di mantenere il sangue freddo, di non lasciarvi trascinare dal delirio collettivo, di continuare - con le dovute precauzioni - a fare una vita normale. Approfittate di queste giornate per fare delle passeggiate, per leggere un buon libro, non c’è alcun motivo - se state bene - di restare chiusi in casa. Non c’è alcun motivo per prendere d’assalto i supermercati e le farmacie, le mascherine lasciatele a chi è malato, servono solo a loro. La velocità con cui una malattia può spostarsi da un capo all’altro del mondo è figlia del nostro tempo, non esistono muri che le possano fermare, secoli fa si spostavano ugualmente, solo un po’ più lentamente. Uno dei rischi più grandi in vicende del genere, ce lo insegnano Manzoni e forse ancor più Boccaccio, è l’avvelenamento della vita sociale, dei rapporti umani, l’imbarbarimento del vivere civile. L’istinto atavico quando ci si sente minacciati da un nemico invisibile è quello di vederlo ovunque, il pericolo è quello di guardare ad ogni nostro simile come ad una minaccia, come ad un potenziale aggressore. Rispetto alle epidemie del XIV e del XVII secolo noi abbiamo dalla nostra parte la medicina moderna, non è poco credetemi, i suoi progressi, le sue certezze, usiamo il pensiero razionale di cui è figlia per preservare il bene più prezioso che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità. Se non riusciremo a farlo la peste avrà vinto davvero.
Vi aspetto presto a scuola.
Domenico Squillace

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